Lo studente religioso cattolico di italiano L2: peculiarità e implicazioni didattiche
Lo studente religioso cattolico di italiano L2 si presenta come un discente del tutto peculiare, forse ancora non troppo conosciuto nel panorama dell’insegnamento linguistico a stranieri, con caratteristiche uniche relative sia al livello di motivazione sia alle dinamiche di apprendimento. Seminaristi, sacerdoti e suore provenienti da diversi Paesi del continente africano, dell’Asia e dell’America Latina giungono in Italia dopo essere stati selezionati fra i più meritevoli dai loro superiori religiosi (per esempio dal vescovo o dalla madre superiora della diocesi di appartenenza), con l’obiettivo di studiare e apprendere la lingua che servirà loro per sostenere il proprio specifico percorso di studi teologico. L’arrivo in Italia rappresenta per molti di loro non solo il primo incontro con la cultura e lo stile di vita europei, ma anche la prima esperienza di soggiorno in un Paese straniero nel quale trascorreranno un periodo importante della loro vita, della durata di mesi o addirittura di anni. Infatti, lo studio della lingua italiana da parte di studenti religiosi cattolici è da considerarsi solo la prima tappa di un lungo percorso di studio e di formazione universitaria che inizia senz’altro in Italia, presso le Pontificie Università di Roma, e continua eventualmente in altri Paesi europei. Per accedere ai corsi di laurea e ai dottorati di queste università, viene richiesto agli studenti il possesso di una competenza in lingua italiana di livello B1, motivo per cui si registra la loro presenza nei corsi di italiano L2.
Da un punto di vista strettamente didattico, lo studente religioso cattolico si contraddistingue per alcune caratteristiche specifiche. Innanzitutto, la sua motivazione può essere definita “fluttuante”: da un lato essa tende a essere piuttosto alta in quanto l’apprendimento della lingua italiana è per il discente elemento fondamentale del suo percorso di fede e gli servirà, fin dai primi momenti dall’arrivo nel nostro Paese, per svolgere le funzioni liturgiche, muoversi all’interno dell’ambiente cattolico italiano e integrarsi nella nuova società. Tuttavia, il fatto di non aver scelto autonomamente di trasferirsi in Italia, l’inevitabile shock culturale dovuto all’incontro con un popolo diverso, la lontananza dalla propria comunità che si protrae per lunghi periodi e la sfida di tornare dietro ai banchi di scuola da adulti a imparare una lingua ex novo, sono criticità che agiscono in taluni momenti da fattori di demotivazione, specialmente in apprendenti abituati a ricoprire ruoli importanti e prestigiosi come nel caso dei sacerdoti. Proprio qui entrano in gioco quelli che potremmo definire i punti di forza dello studente religioso cattolico, quelle risorse cioè che lo distinguono profondamente da ogni altro studente di italiano L2: si tratta di un apprendente generalmente piuttosto colto, con un alto livello di scolarizzazione e un bagaglio linguistico ampio che prevede la conoscenza di una o più lingue straniere oltre alla madrelingua e, in molti casi, la conoscenza del latino. Questa ricca formazione non solo linguistica ma anche culturale, nonché l’abitudine allo studio e alla lettura di testi complessi come le Sacre Scritture, agiscono da elementi di supporto allo studio dell’italiano e ne facilitano alcuni passaggi.
Vediamo ora in particolare cosa comporta tutto questo in termini di scelte didattiche da parte del docente che insegna italiano L2 in una classe, multilingue e multiculturale, di religiosi cattolici. Innanzitutto, l’analisi dei bisogni specifici porterà a concludere che il più impellente bisogno linguistico dei discenti è quello di imparare l’italiano come lingua non solo di comunicazione ma anche e soprattutto di studio, finalizzata a intraprendere con fiducia e successo il proprio percorso accademico, e di lavoro, in modo da poter prendere parte attiva alla liturgia in lingua italiana. Per questo, fin dalle prime lezioni e per tutta la durata del corso, sarà necessario e auspicabile esporre sistematicamente gli studenti alla microlingua cattolica, alle espressioni e ai termini tipici dell’ambito per loro più rilevante che, con ogni probabilità, essi già conoscono in almeno una lingua straniera. L’alta competenza scritta e orale nella L1 e in almeno una L2/LS (in genere l’inglese, il francese o lo spagnolo) e la conoscenza del latino come lingua di lettura e per la celebrazione liturgica, sono risorse che il docente deve far emergere in classe a sostegno di una maggiore consapevolezza e controllo da parte dello studente del proprio percorso di apprendimento e delle proprie abilità. Il docente potrà, infatti, sfruttare positivamente questa ricchezza multi-linguistica e multi-culturale, adottando un approccio inclusivo in cui le competenze già in possesso dei discenti trovino spazio per essere valorizzate e messe in campo per l’apprendimento dell’italiano. Ciò si traduce, in particolare, in scelte di metodo, selezione di risorse didattiche e attività da proporre in classe e, infine, nella consapevolezza da parte dell’insegnante del proprio ruolo di mediatore tra le diverse esigenze dei propri studenti.
Per quanto riguarda il metodo, è auspicabile affiancare a quello comunicativo e umanistico-affettivo anche strategie didattiche e approcci più formalisti: riflessione metalinguistica, analisi contrastiva e brevi attività di traduzione. Tipicamente appartenenti ad approcci grammaticali, si rivelano particolarmente efficaci se applicati a testi religiosi già conosciuti dai discenti in altre lingue, poiché permettono loro di riflettere esplicitamente su strutture grammaticali e significati. Tali approcci sono inoltre in linea con la loro pregressa esperienza di studio linguistico basata prevalentemente sullo studio della grammatica e della metalingua (si pensi, in particolare, allo studio del latino).
La selezione di testi e attività didattiche da proporre in classe comporterà, invece, un bilanciamento fra tematiche di interesse generico comuni a tutti i discenti di italiano L2 (per esempio, le abitudini alimentari, le tradizioni, le feste) e quelle di rilevanza prettamente religiosa, che permettano di effettuare un lavoro mirato e significativo. Comprendere le formule della confessione in italiano, esercitarsi sulla lettura a voce alta delle preghiere, praticare costantemente scrittura e lettura di omelie in pubblico, usare la tecnica del roleplay per imparare a dare consigli durante la confessione dei fedeli, sono solo alcuni esempi di task autentici estremamente motivanti, che permettono di familiarizzare con le azioni linguistico-comunicative che lo studente sarà chiamato a svolgere fuori dall’aula. I testi scelti dal docente dovranno essere, oltre a quelli religiosi, anche accademici, sui quali esercitarsi a prendere appunti in italiano, fare riassunti, studiare e ripetere nella forma del monologo come richiesto per affrontare un esame universitario orale. In questo modo si forniranno allo studente le abilità di studio che gli saranno preziose lungo tutto il percorso di formazione universitaria in Italia. Altrettanto utile per lo studente religioso cattolico sarà riflettere su temi di attualità legati alla società italiana e ai suoi cambiamenti: articoli giornalistici, trasmissioni radiofoniche, testi che includano informazioni e analisi sul nostro Paese (per esempio, statistiche relative ai matrimoni civili e religiosi, ai divorzi e alla natalità, alle dinamiche di immigrazione ed emigrazione, ecc.). Quelli menzionati sono senza dubbio degli input altamente motivanti, da utilizzare sia per attività di comprensione, analisi e reimpiego di esponenti linguistici, sia per momenti di confronto interculturale.
Infine, l’esigenza di apprendere l’italiano come lingua di studio e come lingua liturgica, associata a quella di comprendere a fondo la cultura italiana per interagire con successo nella comunità e nella pratica pastorale, richiede al docente di mediare fra due bisogni differenti ma parimente cruciali. Alla pratica linguistica deve affiancare pertanto un lavoro di riflessione costante sulle dinamiche fondamentali della società italiana che consenta allo studente religioso cattolico di interpretarla al di là di ogni stereotipo. Stimolare fin dalle prime lezioni una riflessione sul ruolo del sacerdote e della suora nel nostro Paese, nonché sulla concezione della religione e della Chiesa, mostrando come, per motivi storico-culturali, queste realtà vengano spesso vissute in maniera contraddittoria e interpretate con occhio critico dagli stessi fedeli, si rivela estremamente interessante e al contempo efficace, poiché coinvolge lo studente offrendogli strumenti socio-pragmatici rilevanti per un apprendimento dell’italiano di tipo integrativo.
Insegnare italiano L2 a studenti religiosi cattolici richiede quindi al docente la consapevolezza delle loro caratteristiche in termini di background formativo, motivazione e bisogni linguistico-comunicativi specifici. Tenere in considerazione tutti questi aspetti permetterà, infatti, di selezionare l’approccio e i materiali didattici più appropriati per soddisfare nel modo migliore la loro necessità e il loro desiderio di vivere il mondo accademico in Italia e di entrare in contatto con la comunità dei fedeli italiani in modo efficace.
Giulia Covarino
Co-autrice dei volumi L’italiano della Chiesa